Carteggio [variazioni]
(ora tutta la vita è nel mio sguardo,
stella su di te, sul mondo che il tuo passo richiude).
Cristina Campo
One
Carissimo P.,
e se anche fosse che non mi ami – così come mi aspetto che sia – cosa cambierebbe? Smetterei forse di osservarti, di preoccuparmi per te o di tentare di proteggerti, anche da così lontano, dai miliardi di malanni pesanti che schiumano ogni giorno benedetto dall’intero universo?
L’amore non è un’intermittenza, o una stella che finisce di brillare per capriccio umano. Sarebbe esso stesso un capriccio, allora, o un desiderio dispettoso e fugace di bimbo.
Se anche tu non mi amassi – come credo fortemente che sia – non potrei impedirmi di scrutare il cielo al mattino nella speranza che non sia troppo freddo per la tua pelle bianca o che non piova e tu abbia disagio nell’uscire, magari a piedi per recarti anche soltanto al più vicino caffè, o di temere che qualcuno voglia umiliarti o farti del male di proposito, o, banalmente, a causa di un impulso vuoto e superficiale.
E’ inutile che io continui a negarlo anche a me stessa, anzi, soprattutto a me stessa: a ogni alba il mio pensiero primario, nell’attimo esatto in cui apro gli occhi, è per te, per la tua bellissima persona. Desidero che tu stia bene, che tu possa raggiungere quel traguardo di serenità che è luogo dove ogni cosa, anche la più piccola o insignificante, ha un buon profumo, dove i colori sono trasformati come per incanto in brillantezza e luminosità, senza macchie di ombra.
A me importa che tu non mi ami, nel senso che mi fa soffrire questo tuo non amore per me, ma non posso pretendere il contrario se così non è; l’attesa di un tuo improbabile, ahimè, amore, mi renderebbe schiava del tempo del disamore, dell’indifferenza. E sarei triste, molto triste, ancora più triste di quanto già io non sia adesso.
Invece vorrei farti dei regali: dei fiori, un orologio, un piccolo lago azzurrino tra le montagne, un’oasi nella quale possano averla vinta la pace e una quiete sospesa. Là vorrei venire a trovarti, se tu mi accogliessi, proprio dentro quella quiete di alta montagna, dove anche l’acqua del lago potrebbe respirare insieme a noi essenze odorose.
Vorrei anche riuscire a dipingere sul tuo volto bello quel sorriso che meriti e che non so se sei in grado di ospitare tra le pieghe delle labbra e dentro gli occhi. Questo vorrei.
Io so che non mi ami ma non posso impedire al mio amore per te di correrti incontro, come fosse la corsa senza regole di un cavallo libero nella campagna, che sceglie dove voler andare.
E’ la mia libertà che mi porta da te.
Non lo dimenticare, non mi dimenticare.
Da qualche parte, dentro di te, io ci sono.
E ti amo.
E devo scriverlo, ora, perché ora io sono questo: io sono il mio Amore per te.
V.
Two
Caro P.,
mi sono rimaste soltanto tre sigarette; finite queste, fumate e stra-fumate, dovrò andare a dormire, o a tentare, perlomeno.
Lo so che non mi ami, che appaio ottusa a rimanere qui, agitata e confusa, a sperare in un tuo cenno, un tuo richiamo.
La notte è lunga e speziata e vorrei dividerla con te, magari soltanto a parlare, o ascoltare musica come pioggia che scende dalle colline.
Mi piacerebbe regalarti qualcosa, forse un libro dalla rilegatura preziosa, un accendino ricaricabile, o un lago, che ne so, un lago grande compreso tra montagne e silenzio. Azzurro e quieto, senza increspature.
Vorrei vivere lì, con te, nella perfezione di una pace finalmente raggiunta.
Non ho voce in questo capitolo della tua vita, sono un’ombra dietro l’angolo, una polvere non raccolta.
Però vorrei solo bene per te, a mazzi come rose appena colte invadenti con il loro profumo.
Ho timore che qualcuno possa ferirti, farti soffrire, me ne sto chiusa in questa stanza quando invece vorrei correre da te, nella speranza che tu mi accolga, con un sorriso diverso sul tuo viso così bello e gentile.
Vorrei abbracciarti per un tempo che non so, tenerti stretto senza che il fiato, uscendo dalle nostre bocche, possa gelare i nostri contorni, anche soltanto per un attimo.
La notte è lunga, odora di mandorle e mugo, è fredda fredda, mancante.
Le sigarette sono finite, scrivendoti le ho terminate.
Lo so che non mi ami, non rappresento per te nemmeno un’onda trascurabile, di quelle che si gettano sulla spiaggia nella noncuranza dei passanti, al mattino.
Ogni alba penso a te, sei terra e io sono acqua, ma non ho dita così lunghe da raggiungerti, mi muto e mi sformo, sono un rivolo perduto, che non riesci o non puoi trovare.
Eppure, io resto, in quell’angolo remoto che forse non sai di possedere.
E ti nutro a piccole gocce, silenziosa ti amo.
V.
Three
P. adorato,
mai nemmeno un segno, un piccolo gesto arcuato, oppure una parola in più. E’ tutto sempre così misurato in te, calibrato, ponderato.
I miei tentativi continuano ad andare a vuoto, inutili scrollate d’ali e un residuo di piume da buttare via.
E’ l’alba di un mattino gioioso di sole, pare un’alba cantata con tutto questo rosa che affiora. Poi sarà il freddo che mi conserverà intatta nel mio calore interno, irrisolvibile.
I fiori piangono brina, vorrei regalartene uno, il più odoroso, il più sofferente.
Stanotte ho sognato di essere un cavallo libero, bianco e schiumante, in corsa verso te.
Io so che soffri anche tu, ti vedo che schiumi rabbia, ti agiti, ti passi le dita lunghe tra i capelli, cammini il meno possibile, fai l’indispensabile.
Adorato, che sollievo poterlo almeno scrivere, la notte è stata lunga e copiosa di lacrime versate, per te, per me, per i nostri desideri che non combaciano.
Se potessi, ti porterei in una tasca e ti farei vedere le luci ampie del giorno che si sparge a lente falcate. Oppure mi incamminerei con te verso quel lago verde che sembra un’apparizione, un miraggio, tra le colline più a nord. Guarderemmo dei pesci che saltano dentro questo lago apparecchiato per noi e cercheremmo una musica adeguata per celebrarlo. Tu la troveresti.
Io ti amo, non riesco a ingoiare queste parole senza che rispuntino fuori come un ospite indesiderato alla porta. Io ti amo e so che tu non mi ami, non c’è da aspettarsi che mi tornino indietro, queste parole, in una busta bianca senza affrancatura.
Lo so, e mi dispiace non avere un ventaglio da regalarti, un ventaglio di molti colori che possa sparigliare i tuoi movimenti, le tue mosse segrete.
So che dentro hai un nucleo che brucia, so che l’amore non è contemplato perché è troppo potente e non ne puoi parlare a caso, come fosse un sughero qualunque che galleggia sulla superficie dell’acqua.
L’amore è uno stregone potente e non tollera scherzi, e nemmeno allegretti, o andanti con brio.
L’amore è la casa dove non abiti e dove non sto nemmeno io.
Siamo ombre, esuli o migranti, siamo una facciata da imbiancare che necessita di vernice brillante e trasparente.
Io sono qui, poco lontana da te, e vorrei stringerti le mani, invitarti almeno per un caffè, resuscitare una primavera oltre le vetrate e sentire, nel profondo, che questo nostro vago assomigliarci è soltanto l’inizio di un bel viottolo di campagna, quello che resiste all’inverno, che recita i nostri passi, che ci attende come un cameriere fedele, o un amico abbandonato da troppo tempo.
Vuoi venire con me?
Dimmidisì, per favore.
Ti amo, adorato, questo è il mio segreto.
V.